Questo mese parliamo di telenovelas, anzi di telenovelas che parlano di loro stesse. Perché Jane the Virgin è questo, una meta-telenovela, una soap opera che prende in giro il format stesso delle soap opera, in particolare quelle sudamericane.
La serie segue le vicende di Jane Gloriana Villanueva, una giovane donna di origini venezuelane che vive a Miami, cresciuta dalla madre e dalla nonna, e che nel pilot viene artificialmente inseminata per sbaglio da una ginecologa distratta. Durante le cinque stagioni accade tutto quanto può accadere in una telenovela: rapimenti, incidenti, omicidi, gravi malattie, apparizioni e sparizioni di boss criminali, insomma intrighi di ogni genere, ma sopratutto grandi storie d’amore. Tutto sembra essere appunto “straight out of a telenovela”, uscito da una telenovela, come ripete continua-mente il narratore.
Forse la voce narrante è l’idea più riuscita di tutta la serie: un protagonista a tutti gli effetti, esterno allo svolgersi della trama, ma che tifa spudoratamente per Jane, lanciando hashtag come coriandoli. Con i suoi commenti trasporta gli spettatori e le spettatrici dentro e fuori dal racconto a ogni sconvolgimento della trama, dando qua-si l’idea di essere in un romanzo, come quelli d’amore che Jane sogna di scrivere.
Ma al di là della trama contorta e delle storie da soap opera, la serie racconta sé stessa e quindi l’intero genere in modo assolutamente originale, prendendo in giro e allo stesso tempo estremamente sul serio un genere, quello della telenovela, ritenuto, non senza qualche ragione, sciocco e superficiale.
Federica Murino
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